Perché non possiamo più fare a meno di idee ed energie delle donne
Per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro”. “Gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche”. “E’ l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia”. Si definiscono stereotipi di genere e, secondo l’Istat, oltre la metà degli italiani li condivide, senza particolari differenze tra uomini e donne, con maggior peso al crescere dell’età e tra i meno istruiti.
In un passaggio illuminante della Laudato Sii, Papa Francesco ci avverte che le soluzioni ai problemi contemporanei vanno ricercate attraverso un ripensamento dei modelli antropologici che ci portiamo dentro. La questione del lavoro femminile non è certo una novità. Se è migliorata, negli ultimi anni, la presenza delle donne nelle posizioni di potere e negli organi direzionali delle società, permangono tassi di occupazione e differenziali retributivi rispetto agli uomini decisamente marcati. Il PNRR stanzia importanti risorse per favorire pari opportunità di carriera ed imprenditorialità femminile. Un’occasione da non sprecare. Anche perché in Italia partiamo da un divario significativo: siamo il Paese con le casalinghe più laureate d’Europa, un lusso che potremmo permetterci se, almeno, fosse sempre una libera scelta delle donne. E pensare che secondo alcune stime, il lavoro gratuito svolto quotidianamente dalle donne per la cura dei propri familiari vale il 5% del Pil, un modello di welfare che sostiene la società italiana spesso per assenza di servizi o mancanza di mezzi finanziari adeguati per ricorrere al mercato.
Ma come trasformare per tutte le donne un’occupazione fuori dalle mura domestiche in un diritto che non faccia a cozzi con maternità e cura della famiglia? Ha scritto di recente su Repubblica Chiara Saraceno, tra i massimi esperti di sistemi di welfare, che “servono servizi e orari di lavoro che consentano di conciliare maternità e lavoro. A meno che non ci si aspetti che le donne, dopo aver cresciuto i figli facendo i salti mortali per non lasciare il lavoro, lo lascino per accudire i nipoti ed i propri genitori divenuti fragili, surrogando la mancanza di servizi”.
Il nostro scopo è creare un contesto lavorativo consapevole e aperto alla diversità
Le conseguenze di tutto questo, unito anche ad altri pregiudizi e discriminazioni, sono gravi: minor qualità della crescita e peggiore competitività se vogliamo rimanere in ambito economico, squilibri nel welfare e prospettive di “inverno demografico” a livello generale.
Cantava Gaber che “un’idea, un concetto, un’idea, finchè resta un’idea è soltanto un’astrazione”. Riprendo questo spunto dalla “Politica sulla diversità, equità e inclusione” della Cooperativa Betadue, dove si è deciso di passare dalla teoria all’azione.
“Il nostro scopo è creare un contesto lavorativo consapevole e aperto alla diversità, in cui le relazioni siano ispirate al rispetto della dignità umana, dando autentico valore all’unicità di ciascuno e ciascuna”, raccontano Giulia, Lucia e Martina, tre giovani donne che fanno parte del “Comitato diversità, equità e inclusione” della cooperativa.
“La scelta del nostro Cda di procedere con la certificazione sulla parità di genere è stata naturale – conferma il vice presidente Francesco Nocentini. La certificazione per noi non è un punto di arrivo ma l’ennesima opportunità di incentivare la nostra esperienza ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte quelle aree che possano presentare maggiori criticità. Siamo un’impresa collettiva e quindi siamo proprietà delle socie e dei soci. Siamo un pezzo della comunità e le comunità devono essere eque, inclusive ed attente alla diversità”.
Le evoluzioni normative da un lato e le scelte e politiche aziendali dall’altro possono fare molto, ma quali altre strade è necessario percorrere?
Ecco la risposta di Sara Tommasiello, consulente aziendale coinvolta in prima persona sulle tematiche dell’inclusione e quindi con una vista importante sulle trasformazioni in atto nei contesti aziendali: “La spinta che il legislatore ha voluto dare è sicuramente un aspetto importante, ma nel lungo termine quello che farà la differenza sarà il reale cambiamento culturale che ognuno di noi, senza distinzione di genere, sarà sollecitato e disposto ad intraprendere. La parità di genere non è una lotta femminile né un’iniziativa di tutela di una minoranza, ma una occasione di crescita collettiva, delle donne come degli uomini”.
Sono la condivisione e il rispetto ad aprire la strada alla piena realizzazione di uomini e donne in tutte le dimensioni della vita, quella lavorativa come quella familiare
Genitori felici, lavoratori motivati? “Sicuramente sì. Dobbiamo abbandonare una logica fatta di limiti e rinunce, per affermare una prospettiva di opportunità: per la donna di contribuire ad un’economia plurale e per gli uomini di rileggere criticamente il proprio approccio al lavoro per riconoscere uno spazio più consapevole e pieno all’esperienza della paternità e del lavoro di cura”.
In concreto, da dove possiamo cominciare? “Sono la condivisione e il rispetto ad aprire la strada alla piena realizzazione di uomini e donne in tutte le dimensioni della vita, quella lavorativa come quella familiare. Credo che se sapremo insegnare ai nostri figli e figlie la ricchezza e la bellezza della diversità del maschile e del femminile, come peraltro di qualunque altra diversità, avremo seminato non solo un’idea ma la realtà di un mondo possibile”. Nel registrare quindi favorevolmente una crescita della consapevolezza sul ruolo femminile come fattore fondamentale di innovazione e sviluppo, merita da ultimo evidenziare che un bel segnale di speranza viene dalle nuove generazioni: se avete qualche minuto guardate su YouTube questo video che parla di sessismo e bambini, di alberi di Natale e di caramelle come ricompensa.